Senso d’immenso

Io guardavo il mio canto alto
come si guarda un aquilone
librato in volo.
Smisurato canto e minuscolo volo
con pretese d’immenso…
Dal bisticcio di parole
il mio essere al mondo
la sciarada irrisolta
e sofferta
del suo senso

Per certa scrittura futuribile

La poesia è fatta di libretti
e di piccoli spazi,
di interstizi di buone intenzioni
sapientemente illuminati.
Quindi, a maggior ragione
la danza delle parole
non può essere un messaggio cifrato:
sarebbe come dire al creato
di accomodarsi nel piccolo cabotaggio
di una bolla di sapone edulcorato
che non rifrange il sole

Non bisogna

Non bisogna mai dire al poeta
quel che deve fare
quel che deve dire.
Vi guarderà senza vedervi,
col piccolo stupore di un cicerone
che ha detto per una vita la lezione
e ha sempre fatto di pranzo e merenda
una comunione con l’ultima ruga d’ombra nascosta
di una navata: la “sua” navata
effusiva e gelida;
tormentata da un’unghia d’angelo
che non è mai cresciuta

Lo scriba chiede

Nel sentirmi così vivo,
così violentemente vivo sopra un foglio di carta,
chiedo ai miei svolazzi di ridimensionare la pagina
e di ridurla a francobollo,
a grumo di tempo sciolto in avvenimento determinato, concluso.
Chiedo alla vita l’alzo del pugno,
la vampa il fiato e il disteso tappeto del giorno,
quando s’empie di sonno il cielo
e a sera la parola è una bandiera
che s’abbruna serena dopo la bolgia del vento,
come un ostensorio

Camminando

Il viale dei gelsi
lucidi di sole
era a un passo;
ma la felicità, lontanissima
urtava i colori come un Angelus in un paese morto…
Mi portai via , così
solo il pudore di un cuore assorto distratto di bambino
che apre e chiude subito la porta,
per non disturbare…